Nei nostri mercati sono facilmente individuabili. Il profumo si sente a distanza, inconfondibile. Il cocco, con la sua dolcezza esotica non perdona. Ed è proprio quest’ultimo a connotare i cosiddetti Coccoretti, che i venditori riconducono a una matrice belga.
Si tratta di cupoline bianche più o meno venate di marrone a seconda del grado di cottura: all’esterno sembrano compatte e asciutte, all’interno restano umide e sbriciolose. Un po’ come delle piccole rocce. Ed è proprio con il nome di “rochers à la noix de coco” (“rocce alla noce di cocco”), con una forma un po’ meno regolare e più “rocciosa” che sono noti in Francia.
Sono fatti con pochissimi ingredienti e tra essi non compaiono né rossi d’uovo, né olio o burro, né farina. Morale sono una risposta in alternativa alle meringhe quando in casa avanzano tanti albumi.
Bianchi come la neve, dicevamo, non lasciano trasparire un possibile nesso tra il cocco e il Belgio. Ma ecco che alla fine è un altro alias con cui sono conosciuti che forse fa un po’ di luce.
Questi simpatici dolcetti si chiamano anche “congolais”ossia “congolesi”. Ironia della sorte, o forse un certo razzismo che ha colpito anche in pasticceria, i congolesi non sono neri come la popolazione della Repubblica del Congo, dove la palma da cocco è notevolmente diffusa, ma bianchi come i Belgi che dominarono il paese africano nel secolo scorso.